Chi ben comincia

Volevo scrivere un primo post ricco di positività. Poi è arrivato il Covid-19 e la parola positività è diventata molto molto negativa.

Avevo tutta l’intenzione di iniziare il blog del mio nuovo sito con un post che spiegasse chi sono in modo più tenero e coccoloso rispetto a quello che ho fatto qui.

Ma ho appena letto questo articolo di Leandra M. Cohen e – come al solito – il suo modo di comunicare mi ha colpito. Insomma, non ho nessuna voglia di scrivere chi sono, quanto di fare un po’ il punto su come sono in questo momento.

E non parlo del “come” inteso con: sono da tre settimane chiusa in casa* con marito, figlio e il resto d’Italia, uniti dall’incognita di quello che succederà dopo che sarà andato DAVVERO tutto bene**.

E neanche di dire: sono da tre settimane chiusa in casa con marito, figlio e buona parte d’Italia uniti dal senso di impotenza di chi non può fare un’amabile minchia se non stare a guardare mentre medici, infermieri e sistema sanitario – tutti terribilmente sfiniti – stanno combattendo una vera e propria battaglia.

Sì, lo so, lo so che dare il nostro contributo è stare in casa, e magari fare qualche donazioni e, soprattutto, fare il tifo per chi è in prima linea.

Ma dopo che hai fatto tutto questo, ti senti lo stesso un po’ inutile.

Quindi, come siamo in questo momento? Siamo che mio marito l’ha presa come prende le cose lui: analizzando tutto con razionalità condita talvolta da una punta di ansia critica. Si informa tantissimo, sa quanti sono i contagiati, i morti e i guariti di ogni singola regione; ogni giorno fa previsioni su come andrà rispetto a chi ci è già passato, si inerpica consapevolmente su discorsi impervi legati ai mercati europei e nazionali (è un export manager) fa statistiche mentali su cosa succede se questa percentuale, con questa velocità bla bla bla.

E io? Io vivo un po’ sospesa. Il mio inguaribile merdoso ottimismo mi fa rimanere sempre languidamente a galla nascondendo talvolta quelle domande sul futuro che forse mi dovrei fare: alla fine di tutto questo avrò ancora dei clienti? O dovrò ricominciare di nuovo quello che mi sono costruita in dieci anni?

Forse dobbiamo solo renderci conto che questa situazione ti obbliga a pensare non solo a te come individuo, ma come parte di un sistema che deve necessariamente contare sul comportamento di ognuno per funzionare davvero bene e uscire dall’impasse. Mi fa sentire parte di un qualcosa che è più di un male comune da fronteggiare, piuttosto di una grande macchina complessa, volta indefessamente a raggiungere il suo obiettivo, che cerca di coordinare le sue componenti, reclutandole piccole e grandi, salde e imprescindibili. Io, insieme a tutti gli altri, sono un piccolo minuscolo ingranaggio che ne permette il funzionamento.

Come vorrei essere Lorenzo – mio figlio, diciassette mesi – che passa serenamente da un gioco all’altro, coccolato gioiosamente da mani amorevoli. E sempre attentamente deterse.

Illustrazione Davide Bonazzi

*A onor del vero devo dire noi abbiamo quattro nonni carichi duri per tenerci la creatura quindi siamo molto supportati da loro e riusciamo a lavorare/sopravvivere.

**A me la frase “andrà tutto bene” mi ha rotto le palle. Ma chi l’ha detto che NON andrà tutto bene??

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